Lo zen dei violenti

Nel 2016 ho scoperto i pesi. Non che non avessi mai preso in mano un manubrio, ma la mia prima scheda vera e propria è stata allora. 8 settimane di preparazione per il titolo Europeo, dovevo prendere peso e diventare "grossa", e avvicinarmi il più possibile alla mia avversaria, Lesley Dada, che era, e rimane, enorme. 
Sveglia all'alba, la prima ora di allenamento delle tre quotidiane, prima e dopo il lavoro. Devastante, ma per me gli sforzi delle ripetizioni e i lunghi minuti tra le serie erano gli unici momenti in cui riuscissi a guardarmi dentro.

"Il sollevamento pesi è lo zen dei violenti" mi disse il M°Omar il primo giorno di preparazione, citando Shantaram. E a me, che violenta non sono mai stata, è rimasta attaccata quell'altra parola, "zen".
Da Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, per restare in tema letterario, ho imparato che ogni cosa che in prima battuta mi sembra noiosa e logorante può diventare un momento spirituale. 


In seguito non mi è più servito "ingrossarmi", ma avevo scoperto un combattimento diverso, quello contro la gravità, fatto di introspezione e meccanica ordinata.
Fatico sempre a concedermi attività puramente ricreative. Fortunatamente la forza è fondamentale nella preparazione atletica e nello sport è particolarmente utile lavorare con i pesi liberi*. Ma serviva la tecnica per farlo.
Mi rivolsi a un caro amico che, caso vuole, è anche istruttore di pesistica. Il blog dei suoi allenamenti mi ha sempre ricordato qualcosa di Solitary Fitness di Charles Bronson, "il più violento prigioniero britannico vivente".
Esattamente l'approccio perfetto per un'attività che per me è evasione. In pochi metri quadrati, in pochi gesti ripetitivi, tutto il viaggio è dentro.

Al di là dell'effetto sui muscoli, i pesi hanno un altro beneficio per chi fa sport da combattimento (e non solo): imparare a stare nel qui ed ora, senza pensare disordinatamente a cosa hai fatto o cosa dovrai fare. 
Non che la mente non debba vagare, anzi, ma essere consapevoli di quando succede e saper riportare l'attenzione a ciò che stai facendo è essenziale e i pesi in questo non perdonano: un attimo di distrazione e la schiena molla, qualche muscolo da qualche parte si allunga malamente e i pesi cascano, sul pavimento se va bene, sui tuoi piedi o il tuo petto se va male. 

Il pericolo immediato ti richiama dai momenti passati o futuri in cui la tua mente si è cacciata. Devi focalizzarti solo sull'opporti alla gravità, spingere o tirare; fine. 
Questa "presenza" o "consapevolezza" è un'abitudine, un rito. Insieme al gesto tecnico è questa la qualità da allenare, soprattutto per chi, come me, da sempre sogna continuamente ad occhi aperti. 
Chi non si è mai accorto di essere completamente "altrove", guidando, lavorando su un foglio Excel, ascoltando la propria fidanzata...

L'attenzione è una qualità che valorizza ogni attività, più o meno sportiva, dà significato ad ogni momento, perché sei lì, sei connesso, quello che stai facendo è veramente tuo.

Il bilanciere è uno strumento, può essere solo portato su o giù. Quello che alleni davvero è la "mindfulness", esperienza chiave di ogni buona performance.

Imparare nuove discipline passati i trent'anni è un dramma: schemi motori, mobilità articolare tempo ed energia sembrano giocare tutti a sfavore e gli infortuni sono sempre in agguato, perciò ogni minimo progresso è un grande traguardo. Per questo mi affascina insegnare agli adulti che, sfidando tempo e stanchezza, si mettono alla prova con gli sport da combattimento, a volte in orari in cui anche i semafori dormono.

Per ora strappo e slancio rimangono fuori dalla mia portata, ma gli esercizi fondamentali come squat e stacchi mi gratificano. 
E quello con i bilancieri è solo uno dei percorsi del mio viaggio nel mondo della forza...

A proposito di viaggi, quelli nel tempo sono i miei preferiti: sopra una sessione di allenamento col coach Claudio.
Sotto, il futuro coach (primo a destra nella foto) e la futura atleta, esattamente 10 anni fa, ai tempi dell'università, festeggiando non ricordo più cosa.

*da leggere sul tema l'articolo scritto da Matteo Calzuola, atleta della Nazionale Italiana dal 2012 al 2016, Macrociclo di preparazione specifica per la kick boxing, sul n°21 di Strength & Conditioning, rivista della Federazione Italiana Pesistica